Professione reporter, Maria Guidotti a cuore aperto

Professione reporter, Maria Guidotti a cuore aperto

Professione reporter, Maria Guidotti a cuore aperto

La freelance fiorentina analizza la Moto Gp, l’incertezza dovuta al Covid, guarda a Morbidelli e Bagnaia, attende il ritorno di Marquez e celebra l’eterno Valentino Rossi. E ricorda la recente Dakar in Arabia Saudita.

Maria Guidotti è una free lance, una reporter di grandi eventi sportivi, gira il mondo inseguendo i motori. Nata a Firenze, il suo destino è stato scritto sul circuito del Mugello, da lì la passione per le gare, la competizione, le moto, le auto, i fuoristrada, alla fine si è trasformata in un lavoro che l’ha condotta in ogni angolo del mondo.

Riprende il MotoGp dopo il grande momento d’incertezza dovuto al Covid-19. Stilato un calendario di 19 tappe in giro per il mondo fino a novembre: da parte dell’organizzazione Dorna una prova di coraggio o un messaggio di speranza?

La Dorna è stata molto brava, ha stilato un rigido protocollo medico e sanitario, mentre nel 2020 i tamponi avvenivano ogni 4 giorni, nella prima tappa di questo MotoGp in pieno accordo col governo del Qatar piloti e membri del team sono stati vaccinati con l’antidoto Pfizer, così l’80% dei paddock è risultato vaccinato. E questo è un grande biglietto da visita per le prossime tappe che si terranno n Europa.

Come saranno le tappe senza pubblico?

Eh, bella domanda. La MotoGp sarà senza pubblico come il 2020, l’unica eccezione l’abbiamo vista con la gara della Formula Uno sul circuito di Abu Dhabi, dove erano presenti 4.500 spettatori, tutti vaccinati.

Il pubblico, anche da casa, può vivere senza sport?

No. Decisamente no. Lo sport è fondamentale per il fisico e la mente, anche per chi lo guarda perché lo sport resta importante anche come aggregante.

Seguirai le gare in giro per il mondo?

Seguirò da casa, con le conferenze via zoom. I colleghi che sono sul posto possono confezionare interviste via zoom.

Chi sono i piloti italiani che potrebbero emergere?

Guardo con interesse Francesco Bagnaia, che è stato protagonista nella prima tappa in Qatar, ha dominato gran parte della gara, poi ha peccato di inesperienza, avendo condotto i due terzi della gara ma non ha finalizzato come avrebbe potuto, ma può fare davvero molto bene e può valorizzare il potenziale della Ducati. E nutro fiducia anche su Franco Morbidelli che corre su Yamaha, l’anno scorso vincitore di 3 gare su moto satellite, come del resto quest’anno.

È vero che la Ducati è la casa favorita per la vittoria finale?

No, non credo. Non saprei come potrebbero reagire alla pressione Pecco Bagnaia e Miller: sono due giovani e non sono mai stati ufficiali. Anche Miller ha dimostrato capacità ma in qualifica, forse però restano nella top three. E poi c’è lui: se rientra Marquez forse sarà lui il punto di riferimento? Il 12 aprile ha un altro controllo medico ma forse salterà anche la tappa in Portogallo. E le tappe saltate diventeranno tre.

Valentino Rossi ha 42 anni e correrà la sua 27ma competizione iridata: una tua riflessione rivolta a uno dei totem del motociclismo mondiale.

È il numero uno. Valentino sta dimostrando che si può essere competitivi anche da grandi, lui non deve dimostrare nulla a nessuno, anzi secondo me ha molto da perdere.

Tu hai partecipato anche all’ultima Dakar che si è svolta in gennaio per la seconda volta in Arabia Saudita. Che esperienza è stata?

È stato complicato arrivare alla Dakar, soprattutto all’inizio quando si è arrivati in Arabia Saudita, con i tamponi ogni 72 ore, i 2 giorni di quarantena, le varie verifiche, poi una volta entrati nella bolla della Dakar ti chiedevano di limitare al massimo i contatti con l’esterno. Infatti, ad eccezione di qualche cena a Gedda non ci sono state escursioni turistiche come l’anno passato, poi quella gioia che vivi nel refettorio è stata un ricordo poiché il cibo era da asporto. Va ricordato che poco prima della competizione è scoppiata la cosiddetta variante inglese, in quel momento l’Arabia Saudita ha chiuso lo spazio aereo e portuale, così la Aso ha organizzato voli charter per far arrivare piloti, team e addetti. Io stessa ho preso un volo di linea dall’Italia fino a Dubai per poi arrivare a Gedda. Comunque la Dakar resta un’esperienza affascinante, anche se fatta con la mascherina.

Cosa ti ha lasciato la Dakar di questa edizione?

È vero che non si torna mai uguali. Poi il deserto è deserto, non c’è maschera che tenga. Questa volta la Dakar l’ho vissuta inevitabilmente in modo rallentato. Ed è stata una lezione, una lezione di filosofia zen.